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DA FIRENZE A DIGIONE

IMPRESSIONIDI UN REDUCE GARIDALDINO
PER
ETTORE SOCCI

Poche parole per capirci alla prima.

Questo libro non è per gli strategici e molto meno pei letterati; uncruscante, leggendolo, avrebbe di che arricciare il naso moltissimevolte; un soldato di quelli che vanno per la maggiore, giurerebbe chelo scrivente sa di arte di guerra, quanto sa d'ortografiaun'analfabeta; nè io dicerto vorrei sfegatarmi per far cambiar loroopinione; io non l'ho mai pretesa a linguista ed ho una vecchiaruggine con chi si arrovella, per studiare il sistema di ammazzare piùgente che può.

I miei non sono che appunti; appunti presi al chiaro di luna, nelsilenzio degli avamposti o nel cicaleggio giocondo e spigliato dellacaserma; tra il fischiar delle palle e le canzoni entusiastiche, trauna bestemmia e una lacrima, in mezzo alla baldoria e ai cadaveri, aigenerosi proponimenti e alle continue disillusioni, nasce spontanea inchiunque abbia del cuore, una filosofia che l'arcigno e pettorutopedante non crederebbe possibile in una vita scapigliata, chiassona,piena d'emozioni, ma sempre senza pensieri, quale è la vita del campo.E di tali riflessioni, ispirate dai fatti ora tristi, ora gloriosi, dicui fummo gran parte, può essere che qua e là se ne trovino anche inquesti appunti, che raffazzonati alla meglio, ora ardisco di offrireai miei buoni lettori, persuaso che, se non avranno altro merito,avranno certamente quello di essere dettati dalla verità, mai darancore o da invidia.

Se arrivato all'ultima pagina, qualcuno che avrà avuto l'eroismo diseguirmi fin là, volgerà un pensiero pietoso ai poveri martiri, cheignorati si giacciono nell'estese pianure sotto Fontaine e Talant eresterà persuaso che i pochi, i quali per la causa più santa che sisia dibattuta in questi ultimi tempi lasciarono interessi e famiglia,quantunque disconosciuti e non aiutati da chi aveva il dovere diaiutarli, hanno fatto tutto quello che umanamente era loro possibileper far trionfare la idea, battendosi da prodi, e non mostrandosiindegni di quella camicia rossa, che da gente abietta e codarda sivoleva condannare al Bargello, io sarò più che contento, io potrò direche il mio povero libro ha raggiunto il suo scopo.

CAPITOLO I.

—Bada bene che domani ti aspettiamo a Livorno.

—Non ne dubitate… Brucio anche io dal desiderio di lasciar questelastre.

—Allora siamo intesi?

—Intesisissimi.

—A domani dunque!…

E tutti, e tre ci stringemmo vicendevolmente la mano, e si stava percongedarci, quando tutto a un tratto un prolungato mormorio ci giungeall'orecchio: è un accorrere di gente, uno spalancarsi improvviso difinestre e di usciali di botteghe vicine, un domandare e unrispondere, un incomposto gridìo di ragazzi, un esclamare di donne,continuo e in tuono di spavento.

—Che ci sia la rivoluzione?—Domandò un mio compagno che da circaquindici giorni non sognava che sangue e trambusti.

Senza rispondere alla strana supposizione, mossi dalla curiositàescimmo tutti dalla bottega di caffè, nella quale eravamo seduti. Qualmagnifico spettacolo non ci si offerse alla vista!

Era terminato di piove

...

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