_corsivo_, =grassetto=




LE RIME DI TULLIA D'ARAGONA

CORTIGIANA DEL SECOLO XVI


EDITE a cura e studio DI ENRICO CELANI


BOLOGNA, 1891



Poichè la carità del natìo loco
mi strinse, raunai le fronde sparte...
(DANTE, _Inf_. XIV).

Uno dei fatti più notevoli al principio del decimosesto secolo è senzadubbio l'apparire della _cortigiana_; figura degna di considerazione edi esame non ebbe pur anco uno storico che di lei si occupassescrupolosamente e gelosamente, e, diseppellendo dalle biblioteche edarchivii i numerosi documenti che la riguardano, dasse compiuta questapagina di storia che non è tra le ultime del nostro rinascimento. Ilnome di _cortigiana_ si collega certamente alla storia dell'umanesimo,ma quando, dove e come ebbe principio? Tale quesito non ha ancorarisposta sicura. Arturo Graf [1], che si occupò ultimo della questionecon quell'acume di critica ed abbondanza di erudizione ben note, esitaa dare giudizio decisivo, attendendo pur lui che nuovi studî edocumenti traccino via più ampia e sicura per definire tale punto.

Lo sviluppo della _cortigiana_ prodotto dalla rivoluzione sociale chesi svolgeva nel rinascimento, adattato al nuovo regime di vita cherese allora meno dure e servili le leggi sul costume, viene certamentea smentire l'asserzione che il cinquecento fosse l'età più feconda diturpi vizii, e l'amor patico, nato nelle epoche di maggior coltura ediffuso su larga scala nel medio evo, trova a combatterlo questosviluppo della cortigianeria e le leggi civili di quasi tutti glistati italiani, mentre dal pergamo tuona aspra e minacciosa la voce diS.Bernardino [2] e del Savonarola [3]; l'Ariosto stesso che non ne fuimmune dichiara che nel 1518 il vizio si restringeva a pochi umanisti.Ed allora si disputa sulla teorica dell'amore che ha forti e strenuicampioni; dell'amore libero tra liberi discorre Speron Speroni nel_Dialogo d'amore_ ove introduce a parlare la Tullia d'Aragona eBernardo Tasso, innamorati, e costretti a separarsi dovendoquest'ultimo andare a Salerno; dell'amor platonico, primi il Bembo eil Castiglione, il Piccolomini poi, che lo definisce "un desiderio dipossedere con perfetta unione l'animo bello della cosa amata [4]"contrastando all'amore che anela il solo possesso del corpo. All'amoreassolutamente libero, per il quale era inutile insistere dopo illavorìo dell'Aretino, sono infirmate quasi tutte le liriche dicortigiane del cinquecento; rispecchiano quelle l'ambiente nel qualefurono create, queste la cortigianeria nei luoghi ove la coltura erapiù vasta e diffusa: dalla corte pontificia a quella dei Medici, daVenezia a Siena.

Il rinascimento, rotti gli argini che opponevansi nel medio evo allacoltura della donna, condusse a due estremi sostanzialmente diversiche si disputarono il campo per quasi tutto il secolo decimosesto: lacoltura seria e positiva da un lato, la licenza dall'altro: prodottaquest'ultima da male intesa libertà, condusse poi per inevitabileantitesi all'educazione claustrale. Di tale antitesi tramandaronodocumenti il Castiglione e il Garzoni; il primo, attribuendo al Bembola dichiarazione poetica dell'amore e trasportando il lettore nellaCorte di Urbino, ove le lettere e le arti erano tradizione, appalesaper bocca di Giuliano de' Medici, la cui consorte Filiberta fu cantatamodello di femminili virtù, che "la coltura della donna deverassomigliare a quella dell'uomo, cui ella è pari. Nei diversi ramidella scienza e dell'arte essa deve possedere la conoscenza necessariaper parlarne con intelligenza e con senno anche quando queste non sonoprofessate. La donna deve essere versata in letteratura, averconoscenza di belle arti, essere esperta nell

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