STORIA
DELLE
REPUBBLICHE ITALIANE
DEI
SECOLI DI MEZZO

DI

J. C. L. SIMONDO SISMONDI

delle Accademie italiana, di Wilna, di Cagliari,
dei Georgofili, di Ginevra ec.

Traduzione dal francese.


TOMO XIV.


ITALIA
1819.

[3]

STORIA

DELLE

REPUBBLICHE ITALIANE


CAPITOLO CVI.

I Veneziani riprendono e difendono Padova;loro guerra nel Ferrarese e lorodisfatta alla Polisella. Giulio II gli assolvedalla sentenza di scomunica. Campagnadel principe d'Anhalt nello statodi Venezia e sue crudeltà.

1509 = 1510.

Tra le angustie in cui si trovò il senatodi Venezia dopo la disfatta di Vailate,aveva presa la risoluzione di abbandonaretutti i possedimenti di terra ferma, d'apriretutte le sue porte ai nemici, di richiamaretutte le guarnigioni, di scioglierei sudditi dal giuramento di fedeltà, perultimo di rinunciare tutto ad un trattoa ciò che per più secoli era stato l'oggetto[4]della sua politica, e di ridursi eglimedesimo in più basso stato che non avrebbepotuto farlo la contraria fortuna dopomolte e tutte infelici battaglie. Una cosìstrana risoluzione veniva da molti risguardatacome una singolare testimonianzadella pusillanimità di così illustre senato,da altri come quella della sua profondapolitica. Coloro che lo videro riconquistarein appresso con tanta difficoltà ecol dispendio di tanto danaro e di tantosangue, ciò che aveva abbandonato inun'ora sola, inclinavano ad accusarlodi vergognosa debolezza. Altri per locontrario, i quali osservavano, che contale abbandono, che aveva posto il colmoalla sua malvagia fortuna, la repubblicaaveavi ancora posto un termine; e chedopo tale epoca aveva cominciato adessere secondata da favorevoli circostanze,preferirono di credere che il senatoavesse prevedute tali circostanze, edanticipatamente calcolati tutti i vantaggiche poteva ottenere coll'atto romoroso,col quale si assoggettava alla sorte. Lasignoria, che aveva grandissimo interessedi far credere al popolo, che in veruntempo non si era mai allontanata daquella prudenza, su di cui fondava il suomiglior diritto al comando, si vantò in[5]appresso d'avere colla sua abilità dissipatala burrasca; e tutti gli storici veneziani gliattribuirono in questa stessa occasione ilmerito della più profonda antiveggenza.

Conviene non pertanto riconoscere chetutte le circostanze di questo avvenimentoannunziano un grandissimo e giustissimoterrore. Tutti i mezzi erano in un medesimoistante venuti meno: l'armata trovavasitotalmente disciolta; e le poche recluteche vi si conducevano con inauditisagrificj non compensavano le giornaliereperdite che arrecava la diserzione. Ilgenerale, conte di Pitigliano, non menoche il suo collega Bartolomeo d'Alviano,allora prigioniere, erano ambidue vassallidi Ferdinando il Cattolico. Vero è cheprima della battaglia avevano ricusato diubbidire all'ordine di abbandonare il servigiode' n

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